Sono ormai due giorni che tento di contattare il sig. Cereda telefonicamente ma è sempre molto impegnato con la sua attività professionale. Mi domando come riesca un “business man” a tenere tutto e tutti sotto controllo, dalla professione, alla vita familiare, alle prove, all’allevamento.
Finalmente alle ore 21.00, in conclusione di una estenuante giornata, risponde con estrema cortesia alle mie domande e mi svela l’arcano: il segreto, Rosalba, sta nell’equilibrio…
Nome:
“Ambrogio”
Cognome:
“Cereda”
Dove vivi:
“Veduggio, un paesino in Brianza. I miei cani, invece, vivono a Lurago D’erba, accanto alla mia azienda così che posso vederli più volte nel corso della giornata”.
Cosa ricerchi nel tuo setter ideale?
“Sono arrivato a quarantacinque licenze di caccia. Nella mia vita sono stato molto fortunato, perché sin da ragazzino mi hanno preso per mano cinofili rinomati e quindi già le prime esperienze le ho avute con cani importanti. Mi vengono in mente i nomi di Marchesi, Frigerio, Ottolina. Sono molto esigente, la prima cosa che ricerco è l’equilibrio. Quando vado dai miei cani, rispondono alle mie attenzioni con compostezza, mi ricompensano dei sacrifici con una forte sensibilità. Poi c’è la qualità: lo standard va sempre rispettato, le misure e le angolazioni sono fondamentali”.
La tua storia di proprietario ti vede affiancato a svariati professionisti nel corso degli anni: pensi che questo sia stato un vantaggio per la tua formazione cinofila?
“Ho sempre avuto la vocazione a far correre i cani nella grande nota, la sola che mi consentisse di valorizzare i sacrifici dell’allevamento. Ho iniziato con Toniotti, per poi proseguire con Livio Dotti che mi ha dato la possibilità di andare al campionato d’Europa e di conseguire grandi soddisfazioni. Poi una bella esperienza con Baldoni: lui spesso mi dice che l’allevamento di setter in Italia con le migliori correnti di sangue è l’Ambrofellis. Questo mi onora e mi rende molto felice”
Come hai iniziato ad allevare e perché hai scelto proprio l’affisso Ambrofellis?
“Avevo inviato all’Enci le tre opzioni ed è stata scelta proprio l’ultima, quella che non consideravo! Ho unito le iniziali del mio nome con la felinità del setter, qualità per me indispensabile in un setter soprattutto quando è a contatto con la selvaggina. La vocazione ad allevare è nel DNA: mio nonno paterno era un agricoltore e già da piccolo ero un amante degli animali. Mio padre non voleva assolutamente che tenessi cani in casa ma, avendo una ditta immobiliare, aveva acquistato un terreno e lo aveva concesso ai cacciatori del paese affinché lo utilizzassero come quagliodromo. Così mi sono avvicinato alla caccia. Ho assistito poi ad una gara sempre in questo quagliodromo e mi hanno regalato in quell’occasione un cucciolo di setter, senza affisso, di linea di sangue del Lem del Resegone, ma per me ha rappresentato la svolta”.
Cosa miglioreresti nella cinofilia odierna?
“Le ambizioni bisogna averle, non posso dire di non essere ambizioso, però la cinofilia mi ha insegnato che le vittorie sono belle proprio perché sono conquiste difficili. Vittorie serie ed oneste; anche se non compaio in classifica mi sento contento per aver ammirato altri setter con qualità interessanti. Il confronto con altri cani e persone è sempre importante in un processo di crescita e miglioramento. Questo non bisogna mai dimenticarlo”
Tua moglie Valentina condivide con te questa passione per i setter o la accetta passivamente?
“La accetta passivamente ma mi supporta”.
Quando ti vedremo su un ring da esposizione?
“Ho provato a cimentarmi in un raduno ma sono meno preparato. Ho bisogno di aiuto in questo settore. Il bello e bravo non è certo facile, però sto seminando per il futuro. Ho fatto un accoppiamento importante con una corrente di bellezza, una campionessa, mi piacerebbe fondere queste realtà…
Il nome di questo cane?
“Top secret!”