ALFIERO ROVINI, LEGGENDE CINOFILE

Questa volta la nostra rubrica di interviste ci porta a Empoli, terra di tanti setteristi storici, più precisamente in quel di Avane, piccola frazione lungo il fiume Arno che ha dato i natii ad un certo Alfiero Rovini, allevatore dresseur cinofilo di livello, persona schietta come si addice a un toscano dei suoi tempi. Lo trovo ad aspettarmi seduto ad un tavolo nel suo giardino, immerso nei ricordi: foto, ritagli di riviste, pedegree…

Comincia dall’inizio, da quel tempo in cui il Rovini cacciatore, spesso con le tabelle delle riserve alle spalle (quelle buone, quelle di un tempo, dice), diventa cinofilo, cimentandosi nella preparazione di qualche cane. L’esordio è con i bracchi tedeschi, ma il grande salto ricorda “ha inizio con un setter, Clavarensis Dar, il primo a perseguire molteplici titoli ma tolto subito dalla riproduzione quando mi accorsi che non dava nulla, nonostante all’epoca possedere una cane del genere equivaleva ad una fortuna economica”. Il mio interlocutore dimostra sin dalle prime domande spigliatezza e trasparenza, perciò proseguo incalzante ammirando le fotografie di un Rovini giovane agli esordi della carriera.

 

“Siamo agli albori, cosa spinge il cacciatore sfegatato a fare il passo nel professionismo?”

“ La passione” risponde. “Oggi c’è troppa ambizione e poca passione. Un aneddoto di quei giorni: eravamo nel 67/68 a Borgo d’Ale, avevo una femmina Kurzhar bravissima di nome Doria, il sabato si presentavano i continentali e la domenica gli inglesi. Avevo ceduto la sorella di Doria, Kita, ad Adriano Nobile agli inizi della sua carriera, in quanto difficile di carattere e con la quantità di cani che dovevo gestire non riuscivo a dedicarle sufficiente preparazione. Per questa mia decisione ero stato molto criticato dall’ambiente che riteneva Kita superiore alla mia Doria. Siamo in turno insieme, inizialmente sciogliamo in un campetto di stocchi dove sapevo esserci le starne e Doria fa subito un gran punto. Passiamo il campetto, il terreno si apre e le due femmine si mettono sullo stesso alla grande sparendo entrambe in una valle; Doria esce e Kita no. Scolliniamo, Nobile vede la cagna in terra e chiede il punto ma quando ci avviciniamo Kita si sente male per il turno tirato allo spasmo. Un cacit che tappò la bocca a tutti e mi diede grande soddisfazione.

Il giorno seguente ero in coppia con il mio Artù con Arno di Val d’Idice. Sciogliamo in una strada io e Botto, giudice DeAngelis, Di Fazio ed un altro che non ricordo. A fine di un turno esaltante, Arno cala e Artù si aggiudica un gran punto che gli vale il Cacit. Due Cacit in due giorni all’epoca erano risultati che ti rimanevano dentro per sempre”.

 

“La differenza tra il sistema di allenamento odierno e quello di un tempo?”

“I metodi di oggi sacrificano le qualità dei setter, spersonalizzano i cani. Non si vedono più le filate e le risalite di un tempo. L’addestramento di oggi preclude al giudizio certe fasi e, di conseguenz,a anche alla selezione. Inoltre, in Italia non abbiamo più la selvaggina che avevamo una volta. L’espressione a contatto è ormai deficitaria; il cane bravo è quello che ferma e mantiene il contatto con le starne che si sottraggono anche prima che arrivi il conduttore ma oggi se ne vedono pochi e così, all’arrivo del conduttore, si perde l’espressione di razza anche perché non sempre le starne pedinano nel vento. Il cane non si potrebbe toccare, è una cosa sulla quale i giudici dovrebbero porre maggiore attenzione. Mi ricordo di un giudice svizzero che mi mise fuori Derk (un cane che tra l’altro guidava benissimo) per averlo appena toccato su una spalla”.

 

“Il cane che hai più amato e quello di un tuo collega che avresti voluto condurre?”

“Parlo solo dei miei cani, ce ne sono tanti è difficile dirlo, ho avuto tutti i miei cani nel cuore, potrei dire la Chita ma anche tutti gli altri”.

 

“La situazione del setter oggi soprattutto da un punto di vista stilistico?”

“Forzare le andature va a discapito dello stile di razza. Il setter ha una costruzione sì da galoppatore ma non spinto all’estremo. Si vedono sempre più cani andar via con cattiveria e non con psiche setter. Un cane che possiede la psiche non può galoppare a ritmi forsennati. Si è sempre detto di prediligere il cane di psiche ma poi, alla fine, prevale la prestazione importante per aperture e ritmo. Vedi il mio Rusty, un cane di non grande classe, un galoppo un po’ eretto ma un trialer sfegatato. Quando lo passai a Taccon aveva sul libretto 22 Cacit in grande cerca”.

 

“Quali caratteristiche sono imprescindibili in allevamento?”

“Anzitutto perdonare poco, cercare di utilizzare cani con meno difetti possibili. Ho sempre utilizzato la consanguineità. La prima fu Chita con Rusty e andò alla grande, poi accoppiai mamma e figlio e non mi venne nulla di soddisfacente. Grandi soddisfazioni ebbi da Ila coperta con Urs e nacque Gian, che ricoprì di nuovo Ila dando seguito alla cucciolata di Frenk e altre di ottimo livello”.

 

“Alcuni colleghi del tuo tempo, una volta attaccato il fischietto al chiodo, hanno messo al collo la trombetta da giudice: ti sarebbe piaciuto?”

“No, sento troppo la conduzione, ce l’ho nel sangue, l’ho dimostrato con i segugi poi”.

 

“Ci sarà la speranza di vederti ancora con un setter?”

“All’alba delle mie 82 primavere penso di aver dato tutto quello che potevo a questa razza”.

 

“Un’ultima domanda: tra tutti i tuoi successi, di quale mantieni più vivo il ricordo?”

“E’ difficile, sono stati tantissimi, pensa che negli ultimi dieci anni da professionista prendevo solo cani provenienti dal mio allevamento perché, in numero, erano più che sufficienti a tenermi impegnato per tutto il mio tempo e anche questa è una grossa soddisfazione. Se devo dirne uno, per non fare torto a nessuno il doppio cacit a Borgo D’Ale di cui parlavamo prima, con Doria ed Artù ma forse proprio perché i primi risultati ti rimangono più impressi nella memoria”.

 

A questo punto si alza e mi accompagna nel suo orto, il contatto con la natura è palpabile. Mi porge alcuni frutti in una cesta, io mi congedo con una stretta di mano e mi avvio verso l’uscita con mille pensieri nella testa…”Ricordati una cosa prima di andare: caccia e grande cerca, l’una non ci sarebbe se non ci fosse l’altra. Non è sport, non è spettacolo, è selezione. Anche in grande cerca non dimentichiamoci mai che stiamo selezionando cani da caccia”.

 

Adesso è davvero ora di andare.

Rosalba Calabrese

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